Le "armi vigliacche", il consenso alla guerra, il diritto di dissentire
Ciao a tutte e tutti. A volte mi chiedo se sono io che vedo tutto nero. Poi guardo le agenzie e scopro che Biden ha deciso di permettere l’uso di mine antiuomo al confine tra Ucraina e Russia. Dunque non sono io che vedo nero. 25 anni fa le mine erano state messe al bando perché la loro efficacia era inversamente proporzionale alla disumanità dei danni lasciati tra la popolazione che ne era vittima. Con una firma di Biden siamo balzati indietro di un quarto di secolo nei diritti acquisiti. Si può stare zitti? Se siamo Fondazione Diritti Umani ovviamente la risposta è no.
In questo numero di Rights Now parleremo anche dei nostri nuovi podcast sui luoghi dei diritti a Milano invitandovi ad una serata/evento.
#siateci
Con un tempismo eccezionale il Presidente uscente degli Stati Uniti ha deciso di dare l’ok all’uso di mine antiuomo all’Ucraina proprio mentre in Cambogia cominciava la Conferenza di Revisione della Convenzione di Ottawa che le aveva messe al bando 25 anni fa. Una notizia che propone tre ragionamenti:
alle superpotenze non gliene frega niente delle regole condivise: Stati Uniti, Russia, Cina infatti non hanno firmato il bando delle mine
non gliene frega niente neppure a nazioni che le usano per conflitti territoriali: India e Pakistan, Egitto e Israele, le due Coree non hanno sottoscritto la Convenzione di Ottawa
le guerre non sono mai così moderne e asettiche come vengono descritte. Ci possono essere droni e cyber-attacchi ma non manca il fango delle trincee e le gambe tranciate dalle “armi vigliacche”, come definiva le mine anti-uomo uno dei promotori della loro messa al bando.
Ai tre ragionamenti se ne dovrebbe aggiungere un quarto: dovrebbe essere vietato ai commentatori che intasano i media di aprire bocca senza prima aver fatto uno stage in un ospedale di guerra.
Immagino già la reazione stizzita di qualche lettore: questi ragionamenti sono melassa; un conto è quello che si scrive sui trattati un conto sono gli interessi geostrategici; se il nemico le usa perché non dovresti usarle anche tu; ci sono commentatori molto preparati senza avere esperienze dirette sul campo. Questo blocco di ragionamenti è una delle ragioni per cui ci troviamo in questa situazione pericolosa. Secondo l’Istituto Sipri di Stoccolma - i suoi dati sono considerati impeccabili - nel 2023 nel mondo si sono spesi 2400 miliardi di dollari generando un pesante aumento di vittime civili.
Noto che è in atto un pericoloso (e già visto) meccanismo top-down di creazione del consenso alla guerra: se i leader dicono che bisogna riarmarsi, anche l’opinione pubblica se ne convincerà. Restiamo in Italia. 22 novembre 2024, inaugurazione dell’Anno accademico degli Istituti di formazione dell’Esercito. Prende la parola il Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Generale Carmine Masiello.
Se il mio ragionamento è melassa questo recupero del si vis pace para bellum il generale poteva lasciarlo a Publio Flavio Vegezio Renato visto che negli ultimi 2000 anni non sembra aver funzionato molto…
Chi si occupa di diritti umani non può essere semplice spettatore di uno scivolamento verso la loro violazione, ripetuta, accettata come ineluttabile. Ha invece il compito, anzi il dovere, di istillare dubbi, proporre domande scomode, far risaltare la strumentalità di certi comportamenti. Consapevole di essere in minoranza, di avere il vento contro.
Se le superpotenze e i loro sudditi regionali vogliono farsi la guerra con le mine antiuomo qualcuno deve ricordare che sono state vietate nel 1997 innanzitutto perché le nazioni che ne avevano subito l’effetto hanno saputo fare pressione, poi perché le grandi istituzioni sovranazionali (Croce Rossa in primis) hanno fatto valere la loro credibilità, perché un arcipelago di ONG hanno saputo fare squadra coinvolgendo la società civile e i media. Quindi si può fare, anche se oggi sembra impossibile.
Tra i grandi protagonisti di questa campagna per la messa al bando delle mine antiuomo c’era un diplomatico svizzero, Cornelio Sommaruga. Ci ha lasciato da poco, ma ho avuto la fortuna di incontrarlo alcuni anni fa al Film Festival dei Diritti Umani di Lugano. Forse Biden non avrebbe cambiato idea sulle mine antiuomo, ma magari qualche dubbio questo vecchio presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa gliel’avrebbe trasmesso. (Grazie a Ricardo Torres per le riprese)
Spoiler: ne parliamo anche nella prossima puntata di Rights Now lunedì 2 dicembre.
I diritti lasciano tracce nelle città. Un evento per scoprire i luoghi dei diritti a Milano.
I diritti umani lasciano tracce. Sia quelli violati che quelli conquistati. Con questo spirito noi di Fondazione Diritti Umani, grazie alle vostre segnalazioni, realizziamo podcast sui luoghi simbolici dei diritti umani di Milano. Quest’anno siamo arrivati alla terza edizione e siamo pronti a sfornarne altri 5. Eccone un assaggio.
Indovinati i nuovi 5 luoghi dei diritti raccontati in altrettanti podcast? Se volete scoprirli in una giornata in cui si chiacchera delle trasformazioni di Milano e ci si gode un reading teatrale segnatevi in agenda questo appuntamento.
Ingresso con donazione libera prenotandosi a https://teatroofficina.it/eventi-spettacoli/memoria-e-futuro/
Rights Now - il podcast
L’ultima puntata di Rights Now è andata in onda il 25 novembre e abbiamo scelto di dedicarla tutta all’Afghanistan, dove le donne sono ridotte a cose. Ne abbiamo parlato con Barbara Schiavulli, una delle giornaliste più assidue a visitare l’Afghanistan; con il generale Giorgio Battisti che ha comandato il contingente italiano sul posto. Infine ci siamo fatti consigliare dalla giovane attivista esule afghana Nahid Akbari una canzone per rispondere al divieto talebano di fare musica. Buon ascolto!