Ciao, questa newsletter non va in vacanza neppure in questo periodo. E si domanda se i diritti umani sono davvero un tema sentito. La risposta più onesta è: sì, ma dipende da quanto la loro violazione ti tocchi da vicino. E’ invece in vacanza fino ai primi di gennaio la trasmissione in onda su Radio Popolare. Ne approfittiamo per proporvi i nostri nuovi podcast Milano: Memoria e Futuro dei Diritti. Parlano di Milano ma sottolineano temi che riguardano tutti. Auguri!
Memoria e Futuro dei Diritti Umani: i podcast
Una delle fortune del mio lavoro è studiare, scoprire fatti e conoscere persone interessanti. Il passaggio successivo è mettere tutto questo a disposizione di tutti/e. Succede anche per il progetto di podcast nato partecipando al bando di Milano è Memoria del Comune di Milano. Insieme a Elisa Gianni avevamo lanciato l’idea di raccontare la parabola dei diritti nel capoluogo lombardo, raccontandone i luoghi e chi li aveva abitati. Non era pensata come un’operazione propagandistica: la domanda che ci ha mosso è proprio “Milano si merita il marchio di città dei diritti?”. La risposta è articolata.
Milano è una città-laboratorio, in grado di anticipare forme di welfare, ma anche di vivere terribili violazioni dei diritti umani. E’ la città di Beccaria ma anche della Colonna Infame; non chiude la porta a chi ha più bisogno ma fa poco per ridurre le disuguaglianze; più di un secolo fa costruiva case per gli operai e oggi fa dormire gli studenti in tenda…
Scegliamo i luoghi tra le tante segnalazioni che ci mandate. Poi comincia lo studio e la scelta degli ospiti. Solo dopo la registrazione parte il lavoro di scrittura e montaggio, perché le conversazioni con esperti o testimoni portano sempre scoperte e nuove idee. Il podcast che ho scelto è un perfetto esempio di questo lavoro creativo. L’attore e scrittore Giulio Cavalli mi aveva proposto di raccontare la storia del Brefotrofio perché ci aveva vissuto i primi anni della sua vita. Accompagnandolo lì e parlando con la storia Flores Reggiani e il suo collega Paolo Grassi il racconto ha preso tutta un’altra strada: volevamo parlare di storia e invece abbiamo parlato di medicina, agricoltura, società, contrabbando e soprattutto ci siamo chiesti: cos’è famiglia?
Buon ascolto.
Davvero all’uomo interessa qualcos’altro che vivere?
Per me quella frase è un martello che non smette mai di battere. Nel 1964 Pier Paolo Pasolini se la poneva nel documentario “Comizi d’amore”. L’Italia filmata da PPP era l’Italia finalmente pasciuta, usciva dalle ristrettezze del dopoguerra e si lanciava con ottimismo verso il futuro. Erano anni di contraddizioni: sfiorata la guerra nucleare divampava quella in Vietnam; Nelson Mandela veniva condannato all’ergastolo mentre intorno gli stati africani si stavano emancipando dal colonialismo bianco; l’inaugurazione dell’Autostrada del Sole veniva “venduta” come segno di unificazione dell’Italia ma in Alto Adige gli indipendentisti altoatesini, e in Sicilia Cosa Nostra, mettevano bombe contro poliziotti e carabinieri. Soprattutto il 1964 è stato l’anno record delle nascite, segnale inequivocabile di fiducia nel futuro.
Oggi, sessant’anni dopo, Pier Paolo Pasolini che risposte avrebbe ricevuto alla domanda “davvero all’uomo interessa qualcos’altro che vivere?”. Senza alcun intento competitivo - la grandezza di PPP è irraggiungibile - ho cercato le risposte mettendomi in un punto di osservazione particolare: le firme online. Perché questo gesto - criticato da alcuni perché troppo semplice - è comunque uno specchio di cosa interessa alle persone.
La piattaforma Change.org sostiene che nel 2024 le persone hanno lanciato “12.848 petizioni e raccolto oltre 12 milioni di firme per realizzare i cambiamenti che gli stavano più a cuore”. Change.org aggiunge che oltre 2 milioni hanno sottoscritto petizioni sulla giustizia, 1 milione e 600 mila sull’istruzione e più di 700 mila persone si sono interessate ai diritti degli animali. Prima domanda: le petizioni online funzionano? Ni. Ovviamente la piattaforma segnala le best practices: per esempio Sara, che grazie a circa 70.000 firme è riuscita ad ottenere dall’Agenzia del Farmaco la rimborsabilità di un medicinale per malati oncologici. Molto significativo il secondo posto della classifica delle petizioni vittoriose Change.org: la battaglia per gli asinelli di San Possidonio. Giordana, che aveva lanciato la petizione, ha cantato vittoria perché ha raggiunto la cifra di 56mila euro di donazioni, grazie alle quali gli animali invece che al macello sono finiti in un’oasi naturalistica.
Dalle petizioni passiamo alle proposte di referendum. Sull’apposita sezione del sito del Ministero della Giustizia scopriamo che il record di firme riguarda la semplificazione dei criteri per ottenere la cittadinanza italiana: oltre 600 mila persone. Poco di più del quesito che punta a cancellare la legge sull’autonomia differenziata: 553 mila. Significativi anche il terzo e quarto posto di questa particolare classifica: più di 100 mila persone chiedevano lo stop agli allevamenti intensivi e solo 70 mila hanno firmato per il salario minimo subito.
I numeri non dicono tutto ma qualche indicazione la danno. La prima è che far muovere all’unisono 5/600 mila persone non è una bazzecola. Non ci riesce un leader politico e neppure un cantante famoso. Se l’equivalente di una città come Genova converge su un punto vuol dire che lì c’è un nervo scoperto. La seconda indicazione è che le sensibilità cambiano - gli allevamenti intensivi mobilitano più del salario minimo - e spetta ai decisori politici saper cogliere i segnali. Cogliere i segnali non significa ovviamente assecondare ogni moda. La terza indicazione è che c’è un minimo comun denominatore: è la richiesta di giustizia e parità. Perché un farmaco è rimborsabile e un altro no? Perché un italiano con la pelle nera deve “meritarsi” la cittadinanza? Perché chi abita a Catanzaro deve avere una sanità di serie B? Bisogni individuali, forse, che diventano comunitari con queste forme di mobilitazione.
Dalla firma online alle urne la strada è lunga. Però già la prossima primavera - se si terranno i referendum e se si raggiungerà il quorum - sapremo se le nuove sensibilità e la mobilitazione digitale sono fenomeni passeggeri o radicati.
Un milione
A proposito di petizioni online e nuove sensibilità. La campagna di MyVoiceMyChoice sul diritto all’aborto ha raggiunto pochi giorni fa questa cifra ragguardevole: un milione di firme in tutta Europa. L’iniziativa di questo network di associazioni chiede di rendere accessibile attraverso un apposito fondo l’interruzione di gravidanza. Matteo Cadeddu è uno dei coordinatori di questa campagna. A lui abbiamo innanzitutto chiesto come interpreta questo risultato.
Anche la distribuzione dei/lle firmatari/e è interessante: in Italia, ad esempio, hanno aderito il triplo del minimo indispensabile.
MyVoiceMyChoice non si ferma: vuole raccogliere per sicurezza almeno altre 200 mila firme. Per aderire cliccate qui.
Con questo tesoretto di adesioni andrà a Bruxelles chiedendo alle istituzioni europee che ne prendano atto e garantiscano questo diritto. In ogni caso la Commissione Europea dovrà rispondere. Potrà accogliere l’'idea o rigettarla l’idea ma dovrà motivarlo. Chiudiamo questa newsletter sempre con Matteo Cadeddu, uno dei coordinatori della campagna di MyVoiceMyChoice: a che punto siamo con il diritto d’aborto in Europa?
non sapevo di myvoicemychoice, grazie!