4 novembre: c'è poco da festeggiare
Ciao, in questo numero di Rights Now trovate come sempre un paio di dritte per i docenti, che so essere parte significativa degli iscritti alla newsletter. Per esempio perché si celebra il 4 novembre. E poi una lunga intervista sfaccettata ad un grande artista: Hamed Sinno. Siamo partiti dal “suo” Libano per arrivare alle prossime elezioni Usa e al ruolo dell’artista. E non può mancare l’ultima puntata di Rights Now trasmissione radiofonica. Buona lettura e buon ascolto.
Fra poco è il 4 novembre e c’è poco da festeggiare. Si celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Una data scelta non a caso perché ricorda l’entrata in vigore dell’armistizio della Grande Guerra. Fin qui tutti d’accordo. Ma sul significato di quell’armistizio e dunque di omaggiarlo, le letture politiche diventano distanti.
Se leggi sul sito del Ministero della Difesa ti spiegano che quel documento “consentì agli italiani di rientrare (RIENTRARE?!) nei territori di Trento e Trieste, e portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale”. Poteva mancare un passaggio sul coraggio dei soldati italiani? Ecchellà: “l’impegno militare lungo il confine nord-orientale, dallo Stelvio agli altipiani d'Asiago, dalle Dolomiti all'Isonzo e fino al mare, fu la testimonianza di quel profondo sentimento di amor di Patria che animò i nostri soldati e gli Italiani in quegli anni”. Chiunque abbia studiato senza paraocchi la storia sa che il profondo sentimento di amor di Patria è solo paccottiglia reazionaria, nel senso che ha riguardato un numero limitato di soldati e ufficiali che, non a caso, hanno dato poi vita al fascismo (pochi sono stati gli interventisti progressisti). La stragrande maggioranza dei soldati mandati a morire non sapeva neppure dove fossero Trento e Trieste , non aveva nessun voglia di farlo e, prelevati dai campi del Sud, non davano alcun significato al concetto di Patria.
La Grande Guerra ha prodotto “la morte come una catena di montaggio” *. Nessuno è in grado di stabilire con certezza il numero di vittime che fu comunque superiore in percentuale a qualsiasi altra guerra: “più del 50% degli uomini impegnati nel conflitto furono fatti prigionieri, feriti o uccisi”**. E la pace non portò alcun benessere, al contrario aizzò gli scontenti, normalizzò la violenza politica, aprì la strada ai fascismi.
Ecco perché c’è poco da festeggiare. E c’è molto da studiare: noi vi proponiamo 25 puntate (+ 3 bonus track) di Autista Moravo, la trasmissione andata in onda su Radio Popolare che analizza in tutti i suoi aspetti la Grande Guerra e i suoi lasciti. Un assist eccezionale per tutti/e i/le professoresse che seguono questa newsletter. Sono podcast che potete scaricare liberamente e usare per le vostre lezioni in classe.
* Antonio Gibelli - La Grande Guerra degli Italiani - BUR Storia - 2013
** AA.VV. - La prima guerra mondiale - 2° volume - Einaudi - 2014
Rights Now - la trasmissione
E ora, come di consueto, per chi se l’è persa, vi proponiamo l’ultima puntata di Rights Now, in onda ogni lunedì mattina alle 7 su Radio Popolare. In questo numero c’è Andrea Cegna dal Chiapas (vi invitiamo a seguire la sua newsletter), il regista israeliano Avi Mograbi, il libro “Con loro, come loro” scritto da Gennaro Giudetti e Angela Iantosca.
Guardo l’orrore in diretta e non posso scrivere musica: l’intervista a Hamed Sinno
Per questa puntata di Rights Now doppio podcast, perché mi fa piacere condividere l’intervista a Hamed Sinno.
Lui è stato molto più del vocalist dei Mashrou’ Leila e a loro volta i Mashrou’ Leila sono stati molto di più di una band: hanno incarnato negli ultimi 15 anni il cambio di mentalità giovanile del Libano e in parte del Medio Oriente. Brani facili all’ascolto, pop ma con chiari riferimenti alla musica tradizionale, storie di amore omosessuale e di come può essere difficile la quotidianità in una terra sempre in tensione.
Non sono stati la colonna sonora delle “primavere arabe” - ogni nazione ha avuto un suo punto di riferimento musicale - piuttosto hanno incarnato la richiesta di libertà di una generazione schiacciata da estremismi religiosi e lobby militari. E proprio i baciapile e le consorterie al potere hanno decretato la fine dei Mashrou’ Leila. Hamed Sinno ora si è trasferito a New York, ma nei giorni scorsi era a Firenze per il Middle East Now Festival a cui va il nostro ringraziamento per averci messo in contatto con il musicista libanese. Con lui abbiamo parlato dell’invasione israeliana del Libano, di come i diritti umani siano in messi in discussione in Medio Oriente come negli Stati Uniti, dell’impossibilità di fare musica in questo periodo…
Grazie alla collaborazione di Margherita Aina e Cristina Selva